giovedì 20 febbraio 2014

Geopolitica della Cina e dei suoi satelliti



Lo storico summit Cina-Taiwan e il triangolo a geometria variabile con gli Usa

Carta Canta, di Giorgio Cuscito

Dal 12 al 14 febbraio Cina e Taiwan si sono incontrate per un summit dall’alto valore simbolico.
Si tratta del primo colloquio a livello governativo tra le due parti dal 1949. Quell’anno i nazionalisti di Chiang Kai-shek, sconfitti dalle forze comuniste di Mao Zedong si rifugiarono sull’isola di Formosa, dove installarono la Repubblica di Cina. Da quel momento, la Repubblica Popolare Cinese (Prc) ha considerato la riconquista della “ribelle” Taiwan una priorità. Oggi Pechino sembra puntare a una normalizzazione delle relazioni.
Durante il colloquio Zhang Zhijun, capo dell’ufficio per gli affari di Taiwan (Sctao), e Wang Yu-chi, omologo dell’ufficio di Taiwan per gli affari continentali, non hanno affrontato il tema della riunificazione. Tuttavia, hanno comunicato che apriranno un regolare canale di comunicazione.
Il riavvicinamento tra Pechino e Taipei ha subito un’accelerazione dal 2008, con l’elezione del presidente taiwanese Ma Ying-jeou, filo-Pechino. Nel 2013 gli scambi commerciali tra Prc e Repubblica di Cina hanno raggiunto i 197 miliardi di dollari e circa 3 milioni di abitanti della Prc si sono recati a Taiwan.
I motivi che spingono Pechino ad avvicinarsi - anche politicamente - a Taipei sono tre. 
Consolidando i rapporti con Formosa, la Prc vuole privare gli Usa di una pedina importante nell’ambito del Pivot to Asia: la finora cigolante strategia americana di contenimento dell’ascesa economica e militare dell’Impero del Centro.
Allo stesso tempo, dialogando pacificamente con Taiwan, Pechino vuole tranquillizzare i paesi dell’Estremo Oriente, preoccupati per la crescente aggressività cinese nel Mar Cinese Orientale e Meridionale.
Infine, la leadership mandarina spera ancora di ricondurre “la regione ribelle” sotto la propria sovranità.
Non è un caso che Pechino abbia scelto questo momento per sedersi al tavolo con Taipei. Fra due anni terminerà il secondo mandato del presidente taiwanese Ma e il suo successore potrebbe non avere la medesima simpatia verso la Prc. Per il presidente cinese Xi Jinping è il momento di trarre il massimo vantaggio dai rapporti armoniosi con il suo omologo.
L’economia di Taiwan dipende in larga parte dai rapporti con la Cina. Ad ogni modo, Taipei non ha intenzione di tornare sotto la sovranità di Pechino: significherebbe rinunciare al proprio sistema democratico e alla propria indipendenza de facto. In tale ottica, l’alleanza con gli Usa resta fondamentale.
Gli Usa non riconoscono ufficialmente la Repubblica di Cina. Questa è la conditio sine qua non per dialogare con Pechino, per cui esiste solo una Cina, la Prc, di cui Taiwan fa parte. Ad ogni modo Washington e Taipei intrattengono relazioni diplomatiche di fatto, tramite l’American Institute of Taiwan. In base al Taiwan relations Act, gli Usa forniscono a Formosa armi per scopi difensivi. Inoltre, la legge lascia intendere che Washington potrebbe intervenire a protezione di Taipei, qualora Pechino cercasse di riprenderla con l’uso della forza.
Nei prossimi anni, la cooperazione Cina-Taiwan è destinata ad aumentare, ma il triangolo con gli Usa resterà a geometria variabile. Qualora Pechino premesse - come in passato - per riprendersi Taipei, questa non esiterebbe a chiedere il sostegno di Washington.   

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