mercoledì 23 aprile 2014

Virginia D. Capitolo 34. La mano sinistra delle tenebre.



Ero in pericolo. Senza saperlo mi ero fatto nemici potenti. Avevo un disperato bisogno di alleati.
Gli unici che potevano tener testa alla famiglia Dracu erano gli adepti della Fiamma di Atar, ed in particolare il loro referente nella città dei portici antichi.
Andai da solo a cercare quel referente, l'uomo che sarebbe diventato il mio "datore di lavoro", per usare un eufemismo molto particolare. Il nome di quell'uomo era Massimo Ferrante, direttore della biblioteca di studi religiosi, presso il dipartimento di storia delle religioni dell'università di B.
Tale dipartimento si trovava in un antico palazzo, molto ben conservato, a differenza di altri edifici che ospitavano sedi accademiche.
Entrai tenendo bene in vista la mia mano destra, con l'anello del fuoco al dito.
Nell'altra mano avevo la tessera universitaria di riconoscimento.
Mi recai in biblioteca ed ebbi una strana sensazione, come di déjà vu. In realtà avevo visto il mio futuro e non me n'ero accorto.
Mi recai subito allo sportello, dove c'era un'anziana bibliotecaria, dall'espressione severa.
Portava anche lei un anello di rubino al dito, nella mano destra.
Appoggiai la mia mano sul bancone e dissi:
<<Avrei bisogno di parlare col direttore della biblioteca, il professor Massimo Ferrante>>
La bibliotecaria fissò il mio anello, poi rivolse lo sguardo su di me.
<<Il direttore riceve solo su appuntamento. Vada in segreteria e se ne faccia fissare uno>>
C'era una grande diffidenza nel suo atteggiamento e il tono di voce era gelido.
Io però avevo previsto questa eventualità:
<<Io sarei anche disposto ad aspettare, ma quelli della Fonte Sacra non sono altrettanto pazienti. Si tratta di una questione di vita o di morte>>



La bibliotecaria sospirò e poi prese in mano il telefono ed effettuò una chiamata interna, parlando a voce bassissima.
La telefonata fu breve.
<<Lei è molto fortunato. Il direttore la riceverà subito>>
Io sorrisi, anche se dubitavo molto riguardo alla mia fortuna.
<<Dove si trova il suo ufficio?>>
Ricordo ancora la risposta, perché mi parve buffa:
<<Si trova "in torre">>
<<In torre? Quale torre?>>
<<Da fuori non si vede, ma nel lato interno, dopo il chiostro, c'è un secondo edificio che è più stretto e alto. Noi lo chiamiamo "la torre". Segua le indicazioni e vada all'ultimo piano. Il direttore la sta aspettando>>
L' ascensore molto moderno. Tutto dava l'impressione di una certa ricchezza, utilizzata con stile.
In generale tutti gli interni dei piani alti della biblioteca erano "molto moderni" e decisamente molto superiori agli standard medi di ogni altra biblioteca universitaria.
Era chiaro che le funzioni del dipartimento erano una mera facciata di qualcos'altro di molto più potente.
Quando la porta dell'ascensore si aprì, vidi, con grande sorpresa e persino timore, che il direttore Ferrante era lì, alto, imponente, severo e impeccabile, tanto da mettere in soggezione con un solo sguardo.



<<Buongiorno, signor Bosco>> mi disse e aggiunse <<La stavo aspettando>>
La sua voce era così metallica e priva di qualsiasi inflessione, da apparire quasi artificiale.
<<Buongiorno direttore. Sono qui per...>>
Lui sollevò la mano sinistra, per zittirmi.
<<Lo so benissimo il motivo. Come le ho detto, la stavo aspettando. Ora mi segua>>
Passammo attraverso numerosi dispositivi di sicurezza che si disattivavano quando il direttore vi appoggiava sopra la mano sinistra. Sempre quella mano.
Arrivammo al suo ufficio, che era ampio, luminoso e avveniristico. Si accomodò sulla sua poltrona e mi fece segno di sedermi, sempre usando la mano sinistra.
<<Il suo ruolo nel "caso Virginia D." mi è noto, signor Bosco. Ho seguito personalmente questo caso, con sincera apprensione. Non occorre dirle che lei è in grave pericolo>>
Io ero quasi ipnotizzato da quest'uomo imponente e carismatico, dalla sua voce calma, grave e metallica.
I suoi occhi, dietro ad imponenti occhiali di tartaruga, apparivano più grandi del normale.



<<Come fa a saperlo, direttore?>>
Lui accennò una parvenza di ironico sorriso.
<<Non offenda la mia intelligenza, né quella della mia confraternita. Crede che non sapessimo chi è Virginia Dracu? Il suo stesso cognome, usato così spudoratamente, ne rivela l'affiliazione alla confraternita dei miei nemici>>
Certo il cognome "Dracu" non poteva passare inosservato. Ricordava quello del protagonista del romanzo di Bram Stoker, il conte Dracula, ispirato al principe Vlad Tepes Dracul, principe di Valacchia e Transilvania, detto l'Impalatore. Se era davvero era così, allora io avevo trovato il Van Helsing.
<<Virginia ha interrotto tutti i rapporti con la famiglia Dracu e con la Fonte Sacra. Non costituisce più un pericolo per nessuno!>>
Questa volta il direttore rise in modo sprezzante:
<<Ma davvero!>> il tono era ironico <<Mi delude, signor Bosco. Non la facevo così ingenuo. Ma d'altra parte, l'innamoramento rende sciocchi anche gli individui più brillanti>>
Io rimasi di sasso:
<<Cosa intende dire? Sta forse accusando Virginia?>>
Lui assunse un'espressione solenne e rispose con un tono di rimprovero:
<<La signorina Dracu la stava prosciugando di energie vitali. Non mi dica che non si è accorto di essere vittima di un vampiro? O forse credeva, signor Bosco, alle favole secondo cui i vampiri si nutrirebbero volgarmente di sangue? Quelle sono solo fandonie per bambini. Il vampirismo vero è un'altra cosa>>
All'improvviso mi resi conto che le sue parole avevano dato una risposta a tutte le mie domande, in maniera rapida ed efficace, ma non ero pronto ad accettare quelle verità:
<<Virginia mi ama. Non mi avrebbe mai fatto del male, deliberatamente>>
Il direttore sospirò:
<<La signorina Dracu la ama così come si potrebbe amare una mucca da mungere. E non mi dica che non è vero, signor Bosco. Non menta a se stesso. Lei l'aveva sospettato fin dall'inizio>>



<<Virginia mi ha ridonato le energie e mi ha mandato qui. Non può negare che queste cose siano state un atto d'amore sincero>>
Il direttore scosse il capo, come avrebbe fatto un professore davanti ad uno studente tardo di comprendonio.
<<Lei crede dii sapere tutto, signor Bosco, ma non ha proprio capito niente. La signorina Dracu le ridonato le energie perché sa benissimo che  lei, Bosco, è la sua gallina dalle uova d'oro. Ed è la stessa ragione per cui le ha donato l'anello e l'ha mandata da me: cerca una fonte di energia, per così dire, inesauribile: la Fiamma di Atar>>
Ero confuso, non sapevo più di chi fidarmi, in quel groviglio di società segrete e sette religiose in cui ero stato intrappolato:
<<Chi sono i buoni e i cattivi, in questa storia? Me lo dica lei, perché io non so più cosa pensare>>
Lui mi guardò con l'aria di chi deve spiegare una cosa ovvia ad un bambino di tre anni:
<<Vede, signor Bosco, nessuno di noi ha la presunzione di dirsi buono. La stessa Fiamma di Atar può incendiare e ustionare, ma può anche riscaldare e illuminare. Non si può dividere il mondo semplicisticamente in buoni e cattivi. La luce e la tenebra non possono esistere l'una senza l'altra. Dirò di più. La Luce è la mano sinistra delle Tenebre>>


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