giovedì 11 settembre 2014

Elisabetta II rimarrà a Balmoral fino al giorno del referendum scozzese



Da sempre, con una regolarità quasi pari alla migrazione delle rondini, la regina Elisabetta II Windsor trascorre il mese di agosto e la prima settimana di settembre nel castello scozzese di Balmoral, fatto costruire a metà Ottocento dalla regina Vittoria, in perfetto stile neogotico.
La novità sta nel fatto che la regina non si era mai attardata oltre il 10 settembre nella sua residenza scozzese, la stessa nella quale apprese, nel 1997, della morte di sua nuora, la principessa del Galles, lady Diana Spencer, come è egregiamente ricostruito nel film "The Queen", ambientato proprio nelle meravigliose highlands che fanno parte della tenuta di Balmoral Castle.
Se però all'epoca, sedici anni fa, Elisabetta fu costretta a tornare a Londra a furor di popolo per assistere ai funerali dell'odiata nuora e salvare la monarchia da un pericoloso crollo di popolarità, oggi, l'anziana regina ottantottenne ha scelto strategicamente di protrarre la sua permanenza nell'amata magione vittoriana, per salvare lo stesso Regno Unito dal rischio della dissoluzione, che avverrebbe qualora la Scozia votasse "Sì" al referendum per la secessione che si terrà tra una settimana esatta.



Elisabetta sa benissimo che il voto che si terrà il 18 settembre prossimo sarà probabilmente l'evento più importante di tutto il suo lunghissimo regno (che dura da 62 anni, quando, nel 1952, suo padre Giorgio VI si spense prematuramente, segnato dalla malattia e dalle tensioni affrontate durante la guerra).
La regina, pur mantenendosi neutrale e osservando un religioso silenzio, ha deciso di parlare con i fatti. Rimanendo a Balmoral, nel cuore della Scozia, terra d'origine dei suoi antenati della dinastia Staurt, vuole ricordare al suo popolo che nel giorno della sua incoronazione ella giurò di vegliare sull'unità del regno, proclamata ai tempi di Anna Stuart, con il primo Act of Union, l'atto ufficiale della nascita della Gran Bretagna come stato nazionale unitario.
Il referendum del 18 settembre potrebbe far sì che il nome "Gran Bretagna" torni a significare soltanto un'espressione geografica, per indicare l'isola della Britannia, la quale tornerebbe a dividersi tra un regno d'Inghilterra al sud (associato col principato di Galles e il territorio irlandese dell'Ulster) e un regno di Scozia al nord (ammesso che la Scozia, nel caso ottenesse l'indipendenza, decida poi anche di mantenere la monarchia, e di scegliere la famiglia reale inglese dei Windsor come legittima erede degli Stuart, cosa non del tutto scontata, visto che ci sono degli Stuart veri e propri in giro per il mondo, tra cui l'eccentrica coetanea di Elisabetta, e cioè sua cugina Cayetana Maria Stuart de Tormes, diciottesima duchessa d'Alba).
Ma anche ammettendo che una Scozia indipendente scegliesse di rimanere nel Commonwealth britannico e optasse per una soluzione simile a quella del Canada e dell'Australia, che riconoscono ancora formalmente Elisabetta II come capo di stato, la sovrana sa benissimo che il prestigio del suo lungo regno ne uscirebbe gravemente offuscato, laddove invece una vittoria del "No" alla secessione sarebbe invece una sorta di consacrazione, che la porrebbe alla pari delle altre due grandi regine sue antenate, Elisabetta I Tudor e Vittoria di Hannover, che segnarono rispettivamente l'inizio della potenza mondiale britannica e il suo apogeo.



Il significato di un regno può cambiare a seconda della sua fine. Se la Scozia votasse per l'indipendenza, sarebbe la fine del Regno Unito, ed Elisabetta II sarebbe ricordata soprattutto per questo, a cui sarebbero accostati anche gli altri suoi fallimenti e cioè la fine dell'Impero Britannico negli anni '60 e l'imposizione di matrimoni catastrofici ai suoi più stretti familiari (in particolare sua sorella e suo figlio).
Ma se la prossima settimana gli Scozzesi votassero contro la secessione, il merito sarebbe certamente attribuito anche alla regina, che verrebbe ricordata come colei che con la sua fermezza e tenacia ha contribuito a tenere insieme nazioni differenti, ricordando loro ciò che li unisce. In tal caso la storia giudicherebbe Elisabetta II Windsor soprattutto per le sue vittorie e cioè la sconfitta del terrorismo irlandese, il coraggio dimostrato contro il terrorismo islamico che colpì la metropolitana di Londra, la capacità di ascoltare le esigenze del suo popolo e di cambiare stile di vita e comportamenti familiari in base a quelle richieste, soprattutto dopo la morte della principessa Diana.
Se il 18 settembre il Regno Unito rimarrà tale, ad Elisabetta resterebbe soltanto un ultimo traguardo, prima di poter passare la corona a suo figlio Carlo, e cioè regnare almeno un giorno in più della trisavola Vittoria, che fu regina dal 1837 al 1901.
Per questa ragione potrebbe apparire sensato che Elisabetta II, al compimento del suo novantesimo compleanno, nel 2016, abdicasse a favore di suo figlio, così come hanno fatto tutti gli altri regnanti europei negli ultimi anni.

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