giovedì 27 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 11. Anni Cinquanta.



La vita Giulia Federici si incrociò con quella di Virginia Ozzani di Fossalta nei primi giorni di ottobre del 1956, quando divennero compagne di banco in quarta Ginnasio.
L’Italia di allora era  arcaica, antropologicamente chiusa nelle sue millenarie tradizioni, 
Quasi tutti erano contadini, artigiani, piccoli commercianti, operai.
La borghesia era ancora ben distinta dal popolo, così come lo era dall'ormai esangue aristocrazia, ma nessuno sospettava che il miracolo economico fosse dietro l'angolo e che sarebbe stato seguito dalla nascita della società di massa. 
Il Ginnasio non era comunque più un'esclusiva dei ricchi: i figli delle classi popolari si stavano preparando a diventare la nuova classe dirigente e a seppellire l'elite che da un centinaio d'anni aveva, pur nell'alternanza dei regimi politici, imposto e mantenuto la propria supremazia.



Virginia Ozzani di Fossalta faceva parte del vertice di quell'elite, anche se non era consapevole, ancora, dei debiti che gravavano sulla sua nobile stirpe.
Giulia Federici era figlia di un medico e quindi apparteneva comunque a quello che oggi chiameremmo, con un'eufemismo politicamente corretto, "un ceto abbiente", ed i suoi genitori le avevano offerto un'educazione da "ragazza per bene". Questo presupposto, che in molte sue coetanee sarebbe rimasto un limite, in lei divenne qualcosa di diverso. La buona educazione, unita ad una intelligenza fuori del comune e ad una grazia innata, aveva fatto di lei una persona di classe, e tale sarebbe rimasta, anche nelle più grandi avversità.



E fu proprio quella personalità di classe ciò che rese Giulia a tal punto interessante, agli occhi di Virginia, da farle guadagnare, senza averlo cercato, il ruolo di compagna di banco, proprio mentre un'altra decina di ragazze se lo stava più o meno sfacciatamente disputando.
Giulia era il tipo di persona che riusciva ad apparire "superiore alle circostanze", come se nessun dolore e nessuna umiliazione potessero sottrarle il carisma di chi ha appreso a reagire in modo appropriato ad ogni eventualità.
Virginia, che sapeva benissimo di dovere la sua popolarità quasi esclusivamente al cognome che portava, rimase incantata da quella coetanea che, pur non conoscendo nessuno, pareva non solo a proprio agio, ma quasi condiscendente nel modo in cui osservava i comportamenti ancora immaturi delle compagne di classe.
Va detto, a titolo di merito nei confronti di Virginia, che ella sapeva riconoscere subito il valore delle persone e capiva immediatamente quando era preferibile averle amiche, piuttosto che nemiche.
Certo, col senno di poi, valutando le conseguenze di quella decisione, molti direbbero che sarebbe stato preferibile che Virginia non avesse fatto cenno a Giulia di avvicinarsi e di sedersi a fianco a lei.
Qualcuno si potrebbe domandare come mai Giulia fu così rapida nell'accettare l'offerta di Virginia.
Per molti anni, in seguito, lei stessa si sarebbe posta quel quesito, senza trovare una risposta razionale.
Eppure la risposta era molto semplice. Si era trattato di un automatismo insito in quelle buone maniere che facevano parte della sua formazione e che nascondevano, dietro a quell'aura di gentilezza principesca, un'indole tutt'altro che arrendevole.

Danny Bowman: il selfie-addict che ha tentato il suicidio.

selfie

Ha iniziato a 15 anni e dopo 4 anni, all’età di 19 anni dedicava 10 ore al giorno alla ricerca dello scatto perfetto. Ben 200 scatti al giorno dal suo inseparabile smartphone. 
L’ossessione aveva raggiunto livelli tali da indurlo ad abbandonare la scuola: ha perso oltre 20 kg ed è rimasto persino bloccato a casa per 6 mesi per un infortunio causato dalla sua imperizia mentre cercava lo scatto perfetto. Una parabola discendente culminata con il tentativo di suicidarsi sventato dalla madre del ragazzo.
In un’intervista al Mirror ha dichiarato:
Ero sempre alla ricerca del selfie perfetto e quando ho capito che non ci sarei mai riuscito ho desiderato la morte. Questa ossessione mi ha portato via gli amici, la scuola, la salute e quasi la mia vita
A Danny , che si crede essere il primo selfie-addict britannico, è stato diagnosticata dipendenza tecnologica acuta e disturbo da Dismorfismo Corporeouna forma di nevrosi che induce chi ne è affetto a preoccuparsi eccessivamente del proprio aspetto.
Danny racconta di aver perso completamente il controllo dopo l’esito negativo di un casting da modello. La delusione cocente è stata la miccia di un’ossessione che poi l’avrebbe portato a tentare il suicidio.
Lo psichiatra che ha in cura il ragazzo ha confermato al Mirror che Danny rappresenta un caso estremo ma che non è il solo e che è necessario discernere attentamente tra ciò che appare come un eccesso di vanità e un vero disagio psicologico collegato ad un altissimo tasso di suicidi tra i giovanissimi.
Non ci si rende conto quanto sia pericoloso pubblicare foto di se stessi sui social network : è facile restare vittima del bisogno dell’approvazione altrui e quando questa manca, gli effetti sono devastanti. E ‘una dipendenza come quella da droga, dall’alcool e dal gioco d’azzardo. Non voglio che nessun altro passi ciò che ho passato io
Ecco perchè ha deciso di condividere la sua storia.

La self-promotion in rete: consigli utili ed efficaci.




Come fare autopromozione senza essere sfrontati: qui le istruzioni giuste per saper galleggiare e, anzi, andare con il vento in poppa sui blog, sui social media e in generale nelle relazioni on-line. Per certi tipi di lavori, soprattutto quelli creativi, farsi conoscere è il 90% del successo. 
1) Circondati di persone creative e collaborative.
Sono finiti i tempi del genio artistico solitario, se mai sono esistiti, che sfornava capolavori lavorando di nascosto nel solaio. Far parte di questo gruppo non dipende da quanto si è svegli o creativi. Bensì da quello che devi fare per dare un buon contributo. Un gruppo efficace può essere costruito anche su internet, ed è quello di cui ci si occupa qui.
2) Vali quello che vale il tuo ultimo post, quindi aggiorna spesso
Meglio ancora: aggiorna ogni giorno. Se quello che posti in rete non è il tuo lavoro migliore, sarà presto dimenticato. Basteranno poche ore: è la natura, onnivora ed effimera, del web. Che fare? Nutrirlo tutti i giorni. Anche con lavori incompleti, da migliorare, che portano spesso in avanti e fanno migliorare. Oltre che aumentare le possibilità di condivisione.
3) Si lavora solo con una buona routine giornaliera
L’unica strada per mantenere un buon equilibrio tra lavori di ampio respiro e opere di giornata è mantenere una ferrea routine giornaliera.
4) Traccia confini ben precisi
Per il lavoro di ogni giorno ci vuole una seria divisione di spazio e di tempo. Per quanto riguarda i creativi, avere a disposizione l’intelligenza aumentata di internet è forse peggio: costringe a lavorare di più. È bene sapersi ritagliare dei momenti e delle ore specifiche per interrompere quello che si fa e guardarsi attorno. Poi, cogliere l’attimo e inviare ogni forma di promozione. Ogni giorno, senza esagerazione, e senza inquinare il tuo lavoro creativo.
5) Meglio avere un buon network piuttosto che un buon progetto
Sembra l’anticamera della cialtroneria, ma non lo è. Per evitare di diventare “spam umano”, cioè riuscire a raggiungere un vasto pubblico senza però destare attenzione, è bene avere già dei caposaldi precisi, un network di colleghi, amici, follower, persone interessate. Queste sono il nocciolo duro da cui poi irradiare le proprie idee. Ma va costruito per bene, con attenzione, cura e fatica.