sabato 2 luglio 2016

Il Trono del Toro. Prologo



Dal papiro di Amasis (databile circa 1250 a.C.)

« Gli Antichi Dei hanno voluto che io, Amasis, terminassi la mia esistenza là dov’era iniziata, in un misero villaggio di pescatori nel delta del Nilo, e i guadagnassi da vivere come istitutore e scriba, nella vecchiaia, dopo aver conosciuto, da giovane e nella maturità, la massima potenza e la massima gloria, lontano da qui, a Creta, negli anni ormai lontani in cui quell’isola dominava i mari e le coste.

Molti favoleggiano di quel tempo, ma con poco discernimento: non dicono il vero, perché non possono conoscerlo, come tutti coloro che hanno la pretesa di scrivere la storia.
Ma io, io ero là, nel Palazzo di Cnosso, negli anni gloriosi del potente Impero marittimo di Creta, e assistetti di persona a quegli eventi che ora sono già divenuti leggenda e conobbi i personaggi che adesso sono entrati nel mito.

E nessun altro oramai, tra coloro che erano con me a quei tempi, è ancora in vita, perché tante sono state le disgrazie che hanno funestato quel luogo, quasi che dovesse pagare agli Dei il prezzo della propria stessa grandezza.

Mai avrei immaginato che sarei stato proprio io l’unico a sopravvivere e a poter  testimoniare correttamente come l’Impero di Creta cadde, all’apice della sua potenza, io, che giunsi in quell’isola come schiavo, ed ebbi poi la buona sorte di essere istruito, e di salire ai supremi ranghi del potere e alle più intime vicende della dinastia reale, e alle lotte che si scatenarono dopo la morte di Minosse XIV il Grande, per il possesso del Trono del Toro.

Ma fu veramente fortuna la mia? Salire in alto per poi rovinare insieme a loro, rimanendo solo, privato dei miei affetti. Gli Antichi Dei sanno quanto ho amato quella terra e quella gente, e che sacrifici ho compiuto per loro. Ho avuto i miei momenti felici, ma come dice il proverbio, la felicità passata non è più felicità, ma il dolore passato è ancora dolore.

Mi chiedo se c'è fortuna nella sopravvivenza.
A volte vorrei  la Grande Madre  mi avesse sollevato dal peso dei ricordi e dal dolore di una vecchiaia miserevole e inutile.
La morte non è niente: è la vita che fa paura.
Eppure mai ho ritenuto onorevole sollevare me stesso dal peso di questa vita, uccidendomi, ora mi ritrovo qui, solo, davanti a un papiro ancora non scritto, con i fantasmi di un passato che chiede di essere raccontato, io mi impegno ora a narrare il più fedelmente possibile la storia del Trono del Toro, dall’apogeo alla caduta.

Questo sarà l’estremo sacrificio che io renderò a chi mi fece grande, ossia la testimonianza verace di quegli eventi enormi e terribili che condussero un così florido regno alla rovina.
Lascerò a queste carte le mie memorie, affinché un giorno qualcuno, trovandole e leggendole, possa di nuovo far rivivere questa storia che gli aedi hanno così stravolto, allontanandosi dal vero.

Ma nessuno mai dica che fu per Amasis un privilegio poter essere l’estremo sopravvissuto di questa vicenda. No: la vera fortuna sta nell’essere richiamati dagli Dei prima del tracollo. La morte in quel caso è leggera come una piuma, mentre non c’è destino più terribile della sopravvivenza a tutto ciò che si ha avuto di più caro.
Ed io ho avuto e perduto tutto ciò che si poteva avere e perdere, nella vita>>

Nessun commento:

Posta un commento