mercoledì 31 maggio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 71. La Grande Cospirazione contro Ettore Ricci

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Per cinquant'anni Michele Braghiri, amministratore del Feudo Orsini, era stato il braccio destro di Ettore Ricci, che lo aveva ampiamente ricompensato per i servizi resi e la discrezione nel conservare i segreti della "ditta".
Ma la fiducia di Ettore in Michele era mal riposta.
Dietro all'immagine bonaria e rassicurante dell'amico e del "compagno di merende", si nascondeva infatti quella del traditore.
La verità era un'altra, insospettabile, nascosta, destinata ad emergere soltanto alla fine di un disegno estremamente complesso e protratto nel tempo, al prezzo di molta pazienza profusa nel sopportare il carattere eccentrico e focoso di Ettore, la sua insaziabilità, le situazioni di quasi-disastro in cui si cacciava regolarmente, gli scandali del clan Ricci-Orsini, le pratiche di usura e di riciclaggio dei Ricci che avevano riportato gli Orsini alla ricchezza di un tempo, almeno apparentemente.
Tutto questo era stato sopportato e tenuto segreto in nome di uno scopo più elevato, quello che Michele chiamava "il nobile scopo".
Per mezzo secolo Michele Braghiri, in segreto, aveva tramato alle spalle di Ettore Ricci,  approfittando della libertà d'azione che lo stesso Ettore gli concedeva, per inseguire un ambizioso sogno di gloria e di grandezza. 
Aveva saputo nascondere bene sia i suoi reali sentimenti che le sue trame. Per tutti quei decenni, dietro alla maschera dell'apparente cordialità, Michele Braghiri si era mantenuto freddo, livido, divorato dall'invidia, chiuso nel suo cupo disegno di rivalsa, valutando, ponderando, prendendo la mira, aggiustando il tiro come un cacciatore esperto.
Michele ammetteva a se stesso che Ettore era stato generoso con lui e con la sua famiglia, ma questo non bastava. Aveva ringraziato per tutti i doni e benefici ricevuti, ma non era il tipo d'uomo che amasse dover dire grazie a qualcuno.
Mentre fingeva di accettare di buon grado i premi per la sua presunta fedeltà, Michele era rimasto, nel suo intimo, un regista freddo, impenetrabile, assente, indifferente ai valori dell'amicizia, senza dubbi, senza palpiti , senza un momento di pietà umana.  
Aveva agito nell'ombra, come certi ragni velenosi di cui non ci si accorge se non quando sono diventati troppo pericolosi per poterli sfidare.
Per decenni aveva consumato il suo tradimento diffondendo documenti riservati, mettendo in giro voci allarmanti, ma soprattutto tessendo una ragnatela di alleanze in grado di infliggere allo stesso Ettore un colpo decisivo, permettendo così a Michele di prendere il suo posto.
Aveva operato con meticolosa astuzia e implacabile determinazione,
Per lui l'intero clan Ricci-Orsini rimaneva, anche dopo una vita di convivenza sotto lo stesso tetto, un nemico da invidiare e da distruggere, non appena il vecchio Ettore avesse mostrato segni di cedimento.
Agli altri non pensava nemmeno. Per lui esisteva solo quello che chiamava "il grande disegno".
Che significava, in presenza di tutto questo odio per Ettore, la rovina della sua anziana sposa, lo sfascio di una famiglia già danneggiata, l'ostracismo della sedicente "buona società", una volta che fossero stati resi noti gli scandali degli Orsini? 
Che significava tutto questo per Michele Braghiri, una volta conquistato il potere per fare il male come sempre aveva fatto il male nella sua vita?
Tutto questo non significava niente.
Non è nostra intenzione rievocare la sua grigia personalità. Non è questa una colpa.
 Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. 
Ebbene, a Michele Braghiri era proprio questo fervore che mancava, ed era ciò che aveva reso grandi, nel bene e nel male, gli imprenditori più noti della Romagna come Ettore Ricci, Serafino Ferruzzi o Francesco Amadori.
Non sarebbe mai diventato come loro.
Gli mancava quell’insieme di lealtà, schiettezza e sangue caldo che fanno, senza riserve, i pochi imprenditori di successo romagnoli che ci sono al mondo. Michele Braghiri non era di questi. 
Il suo dominio come leader sarebbe durato un po' più, un po' meno, ma sarebbe passato senza lasciare traccia.
La lunga durata del successo di Ettore Ricci aveva lasciato una traccia indelebile, e Michele non lo tollerava e intendeva porre fine a tutto questo.
Era tempo di agire.
Ogni cospiratore serio deve scegliere con attenzione i propri congiurati e così fece Michele Braghiri.
La prima ad essere cooptata nella congiura fu la moglie Ida:
<<Hai mai sentito i suoi discorsi sul Mandato Celeste? Sul fatto che lui è quello che è per grazia di Dio? Ecco noi dobbiamo fargli credere di essere caduto fuori da questa grazia divina. 
Deve convincersi che Dio ha revocato il suo mandato>>
Ida parve spaventata da quel tipo di discorsi.
E lui, guardandola negli occhi, pensò.
"Ida, gli occhi tuoi pieni e lucenti mi hanno folgorato un pomeriggio andato più di cinquant'anni fa. 
Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea delle malefatte che un uomo di potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo della sua azienda e della sua famiglia.

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 Per troppi anni, nel Feudo Orsini, il Potere sono stato io. 
Io, con la mia mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te.
 Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità...
 La responsabilità diretta o indiretta per tutte le malefatte che sono state commesse sotto questo tetto dal 1935 in avanti.
Isabella, Augusto, il Conte Achille,  il povero Aristide, tutti per vocazione o per bisogno, irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. 
Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato celeste. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene?"

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Alla fine Ida parlò:
<<E come pensi di riuscirci?>>
Michele accennò un ghigno:
<<D'ora in avanti utilizzerò tutti i mezzi a mia disposizione, e non sono pochi.
Ho documenti e testimonianze sufficienti per procurargli molti guai e per accentuare gli altri che capiteranno.
Prova a pensare a cosa potrebbe succedere se si insinuasse in lui la paura. Paura di rischiare. Paura di cadere. Paura di farsi male. 
Cosa potrebbe diventare tutto questo in un uomo che ha costruito la sua carriera sul rischio stesso, sulla velocità, sul disprezzo del pericolo? 
La risposta è una sola. 
Tutto questo potrebbe diventare, per lui, paura di vincere>>
Ida parve compiaciuta dall'arguzia del marito:
<<Non sarà facile. Chi altri è con noi, in quest'impresa?>>
Una luce quasi diabolica si insinuò negli occhi chiari del marito:
<<Uno dei suoi fratelli, Alberico, e tutti i figli di lui, in particolare Lea di Montescudo. Poi la figlia di Aristide, Caterina, e suo marito il senatore Leandri. Sono convinti che sia colpa di Ettore se Aristide si è suicidato. Il Senatore ha garantito l'appoggio della Democrazia Cristiana e delle banche cattoliche, in particolare le Casse Rurali e le Cooperative Bianche.
Poi il preside Conti, che ritiene di essere stato truffato riguardo all'acquisto del terreno di Cervia, il che è assolutamente vero. Ha promesso di fornirci l'appoggio del Rotary Club di cui è Presidente. e della Massoneria, di cui è membro.
Poi c'è il vicino di casa di Cervia, quel tale Mario Strambelli, che è pronto a denunciare Ettore per abuso edilizio.
Inoltre ci sono i soci della Società in Accomandita per Azioni Casemurate SAPA. che gestisce il Feudo Orsini, il Feudo Spreti di Serachieda e il Feudo Zanetti dell'Erbosa: ritengono di non ricevere dividendi sufficientemente congrui rispetto alla crescita degli utili.
Ma il vero tradimento sarà quello che lui meno si aspetta, perché verrà da persone che lui ritiene parte del suo stesso nucleo familiare.
Sto parlando di alcuni esponenti della famiglia Monterovere, in particolare il deputato Tommaso Monterovere, che ci ha garantito l'appoggio del Partito Comunista e delle Cooperative Rosse, nonché quello di molti giovani magistrati di sinistra>>
Anche gli occhi di Ida brillarono:
<<Ci saranno molte pugnalate alla schiena, ma basteranno per toglierlo di mezzo?>>
Michele la tranquillizzò:
<<Ora che la Signorina De Toschi è morta e il Giudice Papisco è un vecchio decrepito che non conta più niente, le antiche protezioni su cui Ettore contava sono venute meno>>
Qualcosa che forse molto tempo prima si sarebbe potuta ancora definire coscienza, dettò a Ida Braghiri l'ultima domanda:
<<E a lui cosa succederà, dopo?>>
Michele si massaggiò le tempie, e rispose con voce bassa, ma ferma:
<<Imparerà che l'unica qualità utile, per chi ha perduto tutto, è la pazienza>>


martedì 30 maggio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 70. La Madre di tutte le Abbuffate e la dipartita della Signorina De Toschi

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L'anno 1987 si aprì con un evento ragguardevole, ossia il passaggio a miglior vita della temutissima Signorina Mariuccia De Toschi, figlia del compianto Generale Ardito De Toschi e della rispettabile dama Violetta Orsini, zia di Diana Orsini.
Le circostanze della dipartita furono del tutto singolari e meritano di essere raccontate.
Mariuccia De Toschi, la Signorina per antonomasia, aveva 89 anni e una salute apparentemente solidissima, tanto che ogni giorno era a pranzo e a cena da amici e mangiava a quattro palmenti.
Una sera di gennaio, però, a quanto pare, mangiò un po' troppo.
Si trovava all'ennesimo raduno di ex alunni, organizzato dall'allora Sottosegretario alla Difesa, l'Onorevole Stefano De Angelis, il quale, alla vista della pachidermica Signorina, le fece il baciamano e disse:
<<Signorina...>> e poi si inginocchiò: << ... io devo tutto a Lei>>
La De Toschi assunse un'espressione vezzosa e finse di schermirsi:
<<Suvvia, Onorevole, Lei così mi lusinga...>>

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<<Mi permetta di insistere, Signorina. Se non ci fosse stata Lei a insegnarmi l'aoristo, io non avrei mai potuto fare tanta strada nella vita. Lo ripeto, io devo tutto a Lei!>>

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La Signorina divenne rosa in volto, e il colorito riuscì a superare le centinaia di strati di fondotinta con cui si era asfaltata il faccione.
Sorrise soavemente, sbatté le ciglia, scosse lievemente la testa facendo tintinnare i pesanti orecchini d'oro massiccio, e si riaggiustò i capelli freschi di tinta e pettinati a cofana in stile Alessandra di Danimarca, Principessa di Galles ai tempi della regina Vittoria.
Poi si fiondò a tavola e divorò tutti gli antipasti.
Quella sera la sua voracità pareva ancora più implacabile del solito.
Fece fuori nell'ordine: tagliatelle alla cacciatora, tortellini panna e speck. pasta al forno paglia e fieno, cinghiale arrosto, salsicce e cotechino, piadina al prosciutto, patate fritte, insalata di rucola con aceto balsamico di Modena, macedonia di frutti di bosco, due grappoli d'uva da tavola, torta romantica, viennetta, gelato al mascarpone, sorbetto al limone, caffè doppio, due bicchieri di Fernet, il tutto innaffiato da una bottiglia di Sangiovese di Romagna.
Per tutto il periodo, non aveva proferito parola se non per dire frasi "toscane" del tipo "bona la salciccia!"
Al termine di quella che si può ben definire la Madre di tutte le Abbuffate, la Signorina De Toschi divenne paonazza, gli occhi sembravano uscirle dalle orbite, e la pappagorgia era gonfia come quella di un grosso rospo violaceo.
Ma c'era qualcosa di ancor più terribile nel suo sguardo.
Aveva un'espressione feroce e infuocata, come un predatore che ha appena abbattuto un esercito di prede indifese.

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Fu a quel punto che avvenne l'irreparabile.
Il Sottosegretario De Angelis tornò alla carica con le sue sviolinate e offrì alla De Toschi una mentina digestiva al rabarbaro.
La Signorina fu dubbiosa:
<<Ho veramente mangiato troppo stasera. Temo che non ci stia più niente nel mio stomaco>>
Ma il Sottosegretario non si arrese:
<<E' solo una mentina digestiva, vedrà che dopo averla sciolta in bocca, si sentirà subito meglio>>
La De Toschi rimase per qualche secondo a contemplare, perplessa, la mentina:
<<E va bene, tanto se ho fatto 30 posso anche fare 31!>>
Mai proverbio fu meno appropriato alla situazione.
Dopo aver fagocitato la mentina in tutta fretta, la Signorina parve sul punto di esplodere.
Per un istante rimase incerta.
Poi strabuzzò gli occhi, sollevò leggermente la mano destra con l'indice alzato e cercò di pronunciare una parola che non venne.

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Un secondo dopo gli occhi le rotearono verso l'alto, la bocca si riempì di bava e la pachidermica Signorina collassò a terra in tutta la tua tonnellata di peso, facendo rimbombare i pavimenti, tanto che i vicini temettero si trattasse di un terremoto.
Non era un evento sismico, eppure fu qualcosa di ancor più terribile a vedersi, perché la De Toschi schiattò per congestione gastrica sotto gli occhi esterrefatti di tutti i suoi ex alunni.
Mentre la Signorina lasciava questo mondo in maniera così incresciosa, il Sottosegretario De Angelis guardò le sue mentine e le buttò nel cestino dei rifiuti, come se volesse liberarsi dell'arma di un delitto.