martedì 17 ottobre 2017

L'Iraq conquista Kirkuk: incomincia la guerra d'indipendenza del Kurdistan iracheno

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Il Kurdistan Iracheno ha votato la propria indipendenza dall'Iraq con un referendum tenutosi il 25 settembre scorso nelle regioni irachene con una maggioranza di popolazione curda.
La presidenza è stata assunta da Masoud Barzani, già presidente della regione autonoma curda di Erbil e leader del KDP (Kurdistan Democratic Party) e delle milizie ad esso collegate, i cosiddetti Peshmerga.
Barzani aveva portato avanti la battaglia indipendentista come contropartita per l'impegno dei Peshmerga curdi nel combattere e sconfiggere l'Isis.
In tal senso aveva ricevuto, inizialmente, e fino a pochi mesi fa, il consenso degli Stati Uniti (che poi è venuto a mancare), quello di Israele (che è l'unico stato ad aver riconosciuto formalmente il Kurdistan come stato sovrano) e persino il nulla osta della Turchia, dal momento che Erdogan aveva sempre ottenuto rassicurazioni sul fatto che Barzani non ospitasse o proteggesse alcun esponente del Pkk.
Poi però, dopo la conquista di Mosul e l'annientamento dell'Isis nella valle del Tigri, il premier iracheno Haider al-Abadi, esponente dei partiti filosciiti (e quindi vicino all'Iran, al presidente siriano Assad, agli Hezbollah libanesi e alla Russia) ha invocato la Costituzione irachena del 2005 che, introducendo il federalismo e la clausola secondo cui il capo dello stato deve essere di etnia curda (per molti anni è stato il recentemente scomparso Jalal Talabani, leader del UPK, l'Unione Patriottica del Kurdista, forza progressista rivale del KDP di Barzani) ha contemporaneamente previsto il divieto di secessione della regione autonoma del Kurdistan.
La Turchia ha poi assunto, tramite Erdogan, una posizione nettamente contraria, per la preoccupazione che il Kurdistan iracheno indipendente e la regione curda siriana del Rojava, alleata con gli Usa (arrivando ad espugnare Raqqa, la capitale dell'Isis e a contendere la valle dell'Eufrate alle forze governative del presidente Assad e dei suoi alleati russi, libanesi e iraniani), potessero costituire l'embrione di un futuro stato curdo comprendente anche le regioni curde attualmente dipendenti dallo stato turco.
Erdogan, che ha accusato Barzani di ospitare e nascondere membri del PKK, si è allontanato dall'alleanza filo-occidentale (specie dopo gli attriti con l'Arabia Saudita a causa dell'embargo contro il Qatar, alleato turco) e ha trovato un accordo tattico con Putin, nella conferenza di pace di Astana, dove di fatto ha ottenuto mano libera contro i Curdi siriani.
A questo punto gli Stati Uniti, per evitare un isolamento diplomatico in Medio Oriente, hanno negato ai Curdi iracheni un supporto militare contro il governo di Baghdad.
E così Barzani, ritrovatosi solo e senza alleati (compreso l'altro partito curdo, l'UDK, più vicino agli iraniani e al governo iracheno), ha preferito evitare un bagno di sangue nella grande città multietnica di Kirkuk, strategicamente essenziale per le enormi riserve di petrolio che si trovano nella zona, ed ha ordinato ai Peshmerga di ritirarsi da tutti i territori esterni ai confini dell'ex regione autonoma del Kurdistan, divenuta ora stato sovrano.
Nella notte tra il 16 e il 17 ottobre le forze governative irachene hanno ripreso il controllo di Kirkuk e di tutte le regioni da cui i Peshmerga curdi si sono ritirati, insieme a molti civili di etnia curda.
Ora resterà da vedere se il premier iracheni al-Abadi si accontenterà di queste importanti conquiste, oppure se continuerà nel portare avanti un'operazione militare contro il Kurdistan propriamente detto, specialmente nella zona di Erbil, la capitale curda sede del governo del presidente Barzani.

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