giovedì 16 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 29. Un amore di Diana


Diana si recava in città nei giorni di mercato. Come scusa non era un gran che, ma l'importante era salvare le apparenze.
L'autista la lasciava all'inizio del Corso.
Federico, il suo amante, la aspettava all'Hotel de Ville.
La cosa andava avanti ormai da tempo, ma l'entusiasmo era sempre grande, come se fosse la prima volta.
Nella vita di Diana tutto era arrivato più tardi: l'amore, la felicità... e forse era per questo che sapeva apprezzarli meglio, e non li dava mai per scontati.
Quando erano insieme, lei e Federico perdevano la cognizione del tempo.
Poteva anche crollare il mondo, ma loro non se ne sarebbero accorti.
L'amore in età adulta ha dei vantaggi: l'esperienza, la capacità di concentrarsi sul presente e la consapevolezza che ogni singolo istante va vissuto in sé e per sé, al di fuori da qualsiasi progettualità, perché la maturità è il momento in cui tutto è al suo apice.
Erano entrambi sposati, vincolati a matrimoni di convenienza, che erano stati scelti dalle rispettive famiglie, quando erano giovani.
Stavano anche per diventare parenti, perché la sorella di lui, Angelica, era fidanzata con fratello di lei, Augusto. 
Si erano conosciuti e innamorati quando Federico accompagnava Angelica a Villa Orsini.
Un giorno lui aveva detto a Diana:
<<Se ti avessi conosciuto prima, ti avrei chiesto di sposarmi>>
Lei aveva sorriso:
<<Non c'è tempo per i rimpianti. Ringraziamo il destino che ci ha fatti incontrare. La vita incomincia adesso>>
In una vita che era stata come una tempesta con rari sprazzi di sole, Diana aveva imparato a trarre da quel breve sole la massima gioia possibile.
Certo sapeva che ci sarebbe stata una fine, che prima o poi qualcosa o qualcuno si sarebbe messo nel mezzo, come sempre succede quando un amore è vissuto in clandestinità, ma preferiva non pensarci, perché, quando si ama, il presente è tutto il tempo che esiste.
L'appagamento che le derivava dal tempo trascorso insieme all'uomo che amava, rendeva Diana pienamente tranquilla e lucida, e quindi anche attenta e discreta nel modo di gestire quella situazione.
Non era maldestra e ingenua come Madame Bovary e nemmeno impulsiva e provocatoria come Anna Karenina. Dai romanzi aveva appreso quali sono gli errori da non fare.
Non era gelosa, non era possessiva, non era suscettibile.
E del resto non lo si è mai, quando si è felici.
Per tutto il tempo della loro storia, Federico e Diana non parlarono mai di se stessi in termini assoluti, con espressioni logore e iperboliche come "anima gemella" o "unico vero amore". Sapevano entrambi che certe cose si possono sapere soltanto alla fine della vita.
E forse anche questa capacità di non aver bisogno di parole e di etichette per essere felici insieme, derivava dal fatto di essere persone adulte.
Solo gli adulti riescono a tenere insieme amore e saggezza, perché hanno imparato a cogliere le occasioni quando si presentano, e a non rovinarle per futili motivi.
In modo particolare riescono ad essere saggi in amore coloro che in gioventù hanno subito un grave torto. Diana lo sapeva bene, e da questo traeva forza.
Era consapevole del fatto che le persone danneggiate hanno un vantaggio: sanno di poter sopravvivere.
Ci sarebbe stato, dopo, alla fine di tutto, un tempo per le riflessioni e per la rielaborazione del ricordo.
<<Prima si vive, poi si filosofeggia>> era uno dei proverbi preferiti di Diana e uno dei consigli che, in tarda età, avrebbe espresso ai nipoti, soprattutto a quelli che sembravano non imparare mai quella lezione.