mercoledì 10 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 102. Il bel tempo andato

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Come disse Francesca da Rimini: "Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria", perché la felicità passata non è più felicità, mentre il dolore passato è ancora dolore e si somma a quello presente.
Per questo, nel ricordare il bel tempo andato, e in particolar modo il periodo tra la primavera del 2008 e l'inverno del 2010, Riccardo non poteva fare a meno di sentire un profondo senso di mancanza.
Mancanza per chi non c'era più, o per chi c'era ancora ma lontano, o era cambiato o era irraggiungibile.
Mancanza, dunque...
Ma quei due anni, ah, quei due anni! Tutto ciò che lui e Ilaria avevano fatto insieme! Tutte le esperienze condivise, tutti i loro viaggi in Inghilterra (da Londra a Windsor fino ai luoghi arturiani e celtici), in Francia (fino alla foresta di Broceliande e alla tomba di Merlino), in Germania (la Selva Nera e i viaggi in canoa lungo il Reno), in Scozia (a Rosslyn), in Grecia, e poi gli studi universitari e le loro letture comuni... tutto questo e molto altro ancora, ogni volta che tornavano alla memoria di lui nei decenni plumbei che vennero dopo, continuavano a suscitargli nella mente, nel cuore e nella voce un'esclamazione: "Quelli sì che erano tempi!"
Tutto ciò che era stato caratteristico di quel periodo, soprattutto prima dell'inverno 2010, comprese le mode, le vicende mondane, persino gli eventi più marginali, i dettagli in apparenza meno rilevanti, tutto era destinato a persistere nel ricordo e a sembrargli migliore di ciò che venne dopo.
E la consapevolezza che certe cose non tornano più, e non bisogna pensarci troppo, e concentrarsi sul qui ed ora, non riuscì mai a porre un argine alla nostalgia e al rimpianto.
Forse solo con il racconto ci si può liberare dai propri fantasmi.
In quegli anni Riccardo apprese molte cose grazie a Ilaria.
Lei gli insegnò a conoscere ed apprezzare la letteratura francese dell'Ottocento e del primo Novecento, in particolare la narrativa, poiché anche Ilaria era una grande lettrice.
Stendhal, Balzac, Flaubert, Zola, Huysmans, Proust, Gide, Marguerite Yourcenar, Simone De Beauvoir, Sartre, Camus, Céline, solo per fare i nomi più famosi, furono sviscerati con la stessa attenzione che in passato era stata destinata agli autori della letteratura inglese, tedesca e russa.
Riccardo ed Ilaria potevano stare interi pomeriggi a parlare dei romanzi che leggevano, confrontando le proprie opinioni e nel contempo scambiandosi tenerezze e gesti di dolce intimità.
Se da qualche parte esistesse un paradiso, sarebbe simile a quello che loro vissero in quei momenti.
Il biennio 2008-2010 fu, per Riccardo Monterovere, la sua personale Belle Epoque, la sua Golden Age, il suo Bel Tempo Andato, condiviso con colei che era, secondo le sue stesse parole "l'altra parte di me, la parte migliore", la sua Ninfa Egeria, la Signora del suo cuore.
Ilaria Mantovani era tutto questo e molto di più, e dal momento che era andata a convivere con lui nell'appartamento di via Mascarella, era diventata, agli occhi di tutti i loro compagni di corso, e questa volta senza ironia, ma con un briciolo di invidia, la Duchessa di Mascarel.
Questo soprannome le derivava anche dal fatto che Riccardo la adorava allo stesso modo in cui il Duca di Windsor, Edoardo VIII, aveva adorato Wallis Simpson, la sua Duchessa, per la quale aveva rinunciato alla corona del Regno Unito e dell'Impero Britannico.
Tutti coloro che erano invitati a partecipare ai tè delle 5 a "Mascarel Palace" rimanevano meravigliati dal clima romantico e romanzesco che si respirava in quel centro di ritrovo delle giovani promesse dell'Università di Bologna, specialmente di quel cenacolo ristretto che si era creato intorno allo zio di Riccardo, il professor Lorenzo Monterovere, i cui seguaci si erano autoproclamati "I Laurenziani", ma di questo si parlerà in seguito, perché alcuni di loro ebbero un ruolo nella crisi degli anni successivi.
Ma in quel momento, su di loro, "nemmeno una nuvola" oscurava il cielo.
La loro vita bolognese era completamente separata da tutto il resto.
Avevano deciso, di comune accordo, ognuno per ragioni personali più o meno valide, di tenere per il momento fuori dal gioco le rispettive famiglie e tutto quello che era il loro mondo di origine.
Anche lei aveva un passato che preferiva lasciarsi alle spalle, e una famiglia piuttosto complessa dalla quale stava cercando di affrancarsi.
Fu così possibile, per Riccardo, continuare a nascondere molti aspetti imbarazzanti del suo passato, soprattutto per quanto riguardava il famigerato periodo milanese.
Intanto la vita universitaria dei due innamorati proseguiva.
Fino all'anno accademico 2007/2008 seguirono e prepararono insieme la maggioranza degli esami, poi però le loro strade accademiche si divisero, perché lui si stava laureando in Storia e lei in Lettere Classiche.
Oltre a due tesi di laurea molto diverse, incominciarono quindi, nell'anno accademico 2009/10, a frequentare insegnamenti diversi, a preparare esami differenti e inevitabilmente a conoscere altre persone.
E fu qui che incominciarono i problemi destinati poi a diventare evidenti durante il Biennio della Laurea Specialistica o Magistrale, che per Riccardo fu in Filologia italiana e letterature moderne (e fu la sua terza laurea), mentre per Ilaria fu in Filologia classica e letterature antiche.
Come si vedrà in seguito, i problemi derivanti da questa divergenza di esperienze formative (con un particolare riferimento all'esperienza Erasmus di Ilaria in Grecia e Anatolia) non sarebbero stati di per sé sufficienti a creare una vera e propria crisi nel rapporto di coppia tra Ilaria e Riccardo.
A incrinare in maniera sempre più grave la loro così profonda intesa fu il concatenarsi, nello stesso momento, nell' "annus horribilis" 2011, di una serie di eventi drammatici, tragici e laceranti, destinati a sconvolgere, in maniera totale e quasi fatale, l'equilibrio psicologico di entrambi.
E di questo dovremo dare conto nei prossimi capitoli.
Una cosa sola deve essere chiara fin d'ora: per Riccardo il meglio era passato.