sabato 17 marzo 2018

La bandiera dei Vichinghi: lo Stendardo del Corvo "Raven Banner"

Stendardo del corvo

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Lo stendardo del corvo (in lingua norrenaHrafnsmerki; in antico ingleseHravenlandeye) fu un vessillo utilizzato da diversi capitani vichinghi tra il IX, X e XI secolo. Lo stendardo, disegnato in arte vichinga, era triangolare, con una serie di ciglia, con all'interno un corvo.
Gli studiosi ritengono che il corvo rappresenti Odino, spesso rappresentato accompagnato da due corvi chiamati Huginn e Muninn. L'intento era di spaventare i nemici invocando il potere di Odino.

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L'uso da parte dei figli di Ragnarr Loðbrók

Lo stendardo del corvo fu usato da alcuni capi vichinghi ricordati dalle saghe norrene come i figli di Ragnarr Loðbrók. La prima menzione di una forza vichinga che portava questo simbolo è nella Cronaca anglosassone. Nell'anno 878, la cronaca riporta:
« E nell'inverno dello stesso anno il fratello di Ívarr e Halfdan sbarcò in Wessex, nel Devonshire, con 23 navi, e là venne ucciso, assieme ad 800 uomini, e 40 della sua armata. Venne anche preso lo stendardo da battaglia (guðfani), che chiamavano "Corvo" »
Gli Annali di San Neot confermano la presenza dello stendardo del corvo nella Grande armata danese e ne aggiungono il suo valore magico (seiðr), di natura totemica ed oracolare:
« È stato detto che tre sorelle di Hingwar e Habba [Ivar e Ubbe], figlie di Ragnarr Loðbrok, tesserono lo stendardo e lo resero pronto in solo una mezza giornata. Inoltre è detto che se vincono una battaglia nella quale portano questo stendardo, è stato visto, che nel centro dello stendardo, un corvo spiega le sue ali. Ma se vengono sconfitti, il corvo le chiude senza muoversi. E ciò è sempre stato provato vero. »
(Lukman 141)
Questo racconto è ripetuto anche dal vescovo Asser nella Vita di Re Alfredo:
(LA)
« [V]exillum quod reafan vocant. Dicunt enim quod tres sorores Hungari et Habbae, filiae videlicet Lodebrochi illud vexillum texuerunt, et totum paraverunt illud uno meridiano tempore. Dicunt etiam quod in omni bello, ubi praecederet idem signum, si victoriam adepturi essent, appareret in medio signi quasi corvus vivus volitans; sin vero vincendi in futuro fuissent, penderet directe nihil movens: et hoc saepe probatum est. »
(IT)
« Vessillo che chiamano reafan. Si racconta che le tre sorelle di Hungarus e Habba, figlie di Loðbrók tesserono quel vessillo, e lo resero pronto nel tempo di una mezza giornata. Dicono anche che in tutte le battaglie, dove sono preceduti da quel segno, se si giunge a vittoria, appare al centro dello stendardo un corvo, quasi vivo, con ali spiegate; se invece non si ha vittoria esso per nulla si muove: e ciò è sempre stato provato »
(Grimm ch. 35)
Nella Estorie des Engles Geffrei Gaimar (scritta attorno al 1140) si menziona l'Hrafnsmerki portata dall'armata di Ubbe nella Battaglia di Cynuit (878):
o era lo stendardo di Ubbe. Lui era fratello di; venne sepolto dai danesi in un enorme tumulo nel Devonshire, chiamato Ubbelawe. »
(Lukman, 141-142.)

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Bibliografia

  • The Anglo-Saxon Chronicle. (English translation). Everymans Library, 1991.
  • Barraclough, Captain E.M.C. "The Raven Flag". Flag Bulletin. Vol. X, No. 2-3. Winchester, MA: The Flag Research Center (FRC), 1969.
  • Cappelen, Hans. "Litt heraldikk hos Snorre." Heraldisk tidsskrift No. 51, 1985.
  • Dumville, David and Michael Lapidge, eds. The Anglo-Saxon Chronicle, Vol 17: The Annals of St. Neots with Vita Prima Sancti Neoti. Woodbridge: D.S. Brewer. 1985.
  • Engene, Jan Oskar. "The Raven Banner and America." NAVA News, Vol. XXIX, No. 5, 1996, pp. 1–2.
  • Forte, Angelo, Richard Oram and Frederik Pedersen. Viking Empires. Cambridge: Cambridge University Press, 2005.
  • Grimm, JakobTeutonic Mythology. 4 vols. Trans. James Steven Stallybras. New York: Dover, 2004.
  • Hjelmquist, Theodor. "Naturskildringarna i den norröna diktningen". In Hildebrand, Hans (ed). Antikvarisk tidskrift för Sverige, Vol 12. Ivar Hæggströms boktryckeri, Stockholm. 1891., su runeberg.org.
  • Hrafnhildur Bodvarsdottir. The Function of the Beasts of Battle in Old English Poetry. PhD Dissertation, 1976, University of New York at Stony Brook. Ann Arbor: University Microfilms International. 1989.
  • Lukman, N. "The Raven Banner and the Changing Ravens: A Viking Miracle from Carolingian Court Poetry to Saga and Arthurian Romance." Classica et Medievalia 19 (1958): p. 133-151.
  • Njal's Saga. Trans. George DaSent. London, 1861.
  • Orkneyinga Saga: The History of the Earls of Orkney. Trans. Pálsson, Hermann and Edwards, Paul (1978). London: Hogarth Press. ISBN 0-7012-0431-1. Republished 1981, Harmondsworth: Penguin. ISBN 0-14-044383-5.
  • Poole, R. G. Viking Poems on War and Peace: A Study in Skaldic Narrative. Toronto: University of Toronto Press. 1991.
  • Snorri Sturluson "King Harald's Saga." Heimskringla. Penguin Classics, 2005.
  • Trætteberg, Hallvard. "Merke og Fløy". Kulturhistorisk leksikon for nordisk middelalder, Vol. XI, Oslo, 1966, columns 549-555.
  • Woolf, Rosemary. "The Ideal of Men Dying with their Lord in the Germania and in The Battle of Maldon." Anglo-Saxon England Vol. 5, 1976.

Norse Vinland Standard Flag


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Voci correlate

Vite quasi parallele. Capitolo 108. Niente è indistruttibile

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L'ultima ancora di salvezza, nel disastroso naufragio della vita di Riccardo Monterovere, sembrava essere la relazione con Ilaria, ma a ennesima riprova del fatto che a questo mondo, in fin dei conti, niente è indistruttibile, anche da quel versante incominciarono ad arrivare preoccupanti segnali di allarme.
Nelle fotografie che Ilaria postava sui social network dalla Grecia, compariva sempre più di frequente un ragazzo atletico e abbronzato che sembrava essere troppo in confidenza con lei.
C'erano poi altri elementi che avevano messo Riccardo in apprensione.
Dalle email che Ilaria gli scriveva dalle varie località elleniche e anatoliche, traspariva un tono diverso, una nuova "narrazione", così lontana rispetto a quella di un tempo da far pensare che fosse dettata dall'influsso di qualcun altro. E non era difficile immaginare di chi si trattasse.
L'impressione era che Ilaria si esprimesse con il senso di superiorità morale di chi ritiene di aver vissuto esperienze fondamentali e conosciuto verità indiscutibili e inaccessibili ai comuni mortali.
C'era un certo snobismo, unito ad una fin troppo riconoscibile retorica da "Generazione Erasmus", con le sue inevitabili code di comicità involontaria, come se aver trascorso un semestre in Grecia l'avesse resa una "donna di mondo" al pari di Totò quando si vantava di aver fatto il "militare a Cuneo".
Riccardo conosceva bene quel tipo di linguaggio e di atteggiamento: c'era passato anche lui, molti anni prima. Era come una specie di morbillo che una volta superato rendeva immuni e vaccinati da ogni suggestione radical-chic, a meno che il "virus" non diventasse resistente e la sindrome cronica. 
In genere questo poteva accadere se il "contagio" fosse provenuto da una persona dotata di grande fascino.
Non ci voleva l'intuito di un detective per capire che l'onnipresente ragazzo greco, Niko, fosse la causa di tutto.
Riccardo cercò di tenere a freno la propria gelosia, facendo finta di niente, tanto ormai il semestre era finito e Ilaria stava per tornare.
Per una beffarda circostanza del caso, il suo rientro coincise col giorno di San Valentino.
Subito dopo il suo arrivo a Bologna, lei lo preavvisò di un'imminente visita con un messaggio preoccupante in cui preannunciava: "Dobbiamo parlare".
Come è universalmente noto, queste parole sono quasi sempre il preludio della catastrofe.
Quando alla fine si ritrovarono faccia a faccia, Riccardo si rese conto che Ilaria non era più lei.
Era molto dimagrita e suo il viso aveva assunto tratti più marcati, più duri, e questo accentuava il suo cambiamento interiore: era diventata, nello sguardo e nei modi una persona spigolosa: e così anche i gesti e i toni avevano acquisito una supponenza che prima non c'era.
Lo abbracciò freddamente e si rifiutò di baciarlo.
Portava ampi occhiali da sole e se li tenne anche in casa.
Sembrava che ogni raggio di luce la indispettisse.
Forse anche lei odia il giorno, forse odia tutti i giorni
Dopo i convenevoli di rito, lei esordì passando subito all'attacco:
<<Voglio essere sincera con te. In questi mesi ho avuto modo di pensare, di riflettere su di noi, sulla nostra relazione e ho capito una cosa>>
Pausa ad effetto.
<<Cos'hai capito?>>
Lei tirò fuori una sigaretta dalla borsa, poi la rimise subito dentro, sapendo che Riccardo non approvava il fatto che in Grecia avesse incominciato a fumare.
Un altro dei "doni" del prode Niko...
Alla fine si tolse gli occhiali e lo fissò con occhi implacabili:
<<Ho capito che sono stanca dell'ipocrisia che rappresenta il tuo genere di mondo>>
Riccardo si sentì preso di contropiede:
<<Ma di cosa stai parlando?>>
Lei era spazientita:
<<Non far finta di non capire. La tua famiglia è troppo all'antica, piena di pregiudizi, aggrappata ai suoi blasoni come se fosse una dinastia imperiale! Non cercare di negarlo, tu stesso ti senti un aristocratico e ti compiaci di farti chiamare Lord Richard e altre simili fesserie! E non dire che è uno scherzo, perché io so che in fondo tu sei un convinto reazionario!>>
Riccardo capì che la situazione era molto più grave di quanto avesse temuto:
<<Balle! E credo di sapere chi te le ha messe in testa. Quel tipo che si atteggia a poeta maledetto e che crede che basti mettersi la maglietta di Che Guevara e fumarsi due canne per diventare automaticamente un rivoluzionario! Chi è il vero ipocrita?>>
Ilaria si sentì punta sul vivo:
<<Ma io parlavo di sentimenti, non di politica!>>
Lui sorrise, amaramente:
<<Mi era parso il contrario, comunque, in parte, la politica è come l' amore, è un sentimento irrazionale. Non è detto che ci si innamori sempre delle brave persone>>
Era una trappola e Ilaria ci cascò in pieno:
<<Niko è una bravissima persona>>
Riccardo sentì una voragine nel posto dove un tempo c'era stato il suo cuore:
<<Dunque ammetti di esserti innamorata di lui!>> 
Lei abbassò lo sguardo, per la prima volta e annuì.
<<Sì, lo amo>>
Riccardo sospirò:
<<E da quant'è che va avanti questa storia?>>
Ilaria rialzò lo sguardo, ritrovando il suo olimpico equilibrio:
<<Da quattro mesi. Ma ho preferito aspettare, prima di dirtelo, considerando che stavi passando già un brutto momento>>
Lui reagi con una risata amara.
Un brutto momento! 
Per lei si riduceva tutto a un eufemismo. Era tutto facile, tutto superabile, quando capitava agli altri.
Lui fu assalito ad un senso di vertigine, come se stesse per precipitare in un abisso senza fine:
<<Credevo che il nostro amore potesse resistere alla lontananza. Il mio per te ha resistito, ma ora mi accorgo che sei cambiata, e non esattamente per il meglio>>
Ilaria, improvvisamente, senza particolare motivo se non un'amara constatazione, si infuriò:
<<Ma come ti permetti? Tu non hai il diritto di giudicarmi. Sei solo un bambino viziato! Devi crescere! Cresci una buona volta! Cresci!>>
Quel tipo di esortazione la faceva sembrare una petulante maestrina d'asilo, di quelle che vengono filmate dalle telecamere mentre infieriscono sui pargoli piangenti.
Riccardo valutò l'accusa e sentì che, per quanto non priva di fondamento, era eccessiva e fuorviante:
<<Chiedere la fedeltà è infantile, secondo te?>>
Lei ormai era fuori controllo:
<<La tua non è gelosia, è invidia! Tu sei invidioso di Niko, perché è più giovane e brillante di te, e se vuoi saperlo è anche più bravo a letto!>>
Riccardo si trovava ormai nella condizione in cui la rabbia aveva ceduto il posto al disincanto:
<<Il tuo romanticismo è secondo solo alla tua finezza>>
Ilaria, nuovamente punta sul vivo, cercò di ricomporsi:
<<Non te la caverai con qualche battuta del cavolo, stavolta. Io mi sono innamorata di lui, hai capito? Oppure ti sei dimenticato cosa sono i sentimenti?>>
Lui ormai sentiva di averla persa per sempre:
<<Mi pare che sia tu quella che misura i sentimenti in centimetri>>
Sentendosi messa all'angolo, Ilaria passò al contrattacco:
<<Ma smettila! Sai benissimo che non sto parlando solo di sessualità. Niko ha gli attributi anche in senso caratteriale. Lui non ha paura di niente, tu invece hai paura anche della tua ombra. Credi di essere l'unico ad aver incontrato difficoltà nella vita? Ma quello che conta è il modo con cui si reagisce alle avversità. Ti ho osservato in questi anni e ho visto che tu preferisci evadere, svicolare, fuggire nei tuoi mondi inventati, pur di non guardare in faccia alla realtà>>
Riccardo, che era in grado di fare autocritica, sapeva che c'era del vero in quelle accuse:
<<E' così per tutti gli intellettuali. Era così anche per te. Credevo che ci fosse intesa, tra noi, su questo punto>>
Ilaria arrossì, come se qualcuno avesse rivelato un suo segreto indicibile:
<<Ero una ragazzina ingenua, quando ci siamo conosciuti. Ora sono una donna consapevole. Tu invece sei rimasto fermo all'adolescenza. Sei invecchiato senza crescere, perché non sai amare: sei un narcisista che ama solo se stesso>>
Peggiore accusa non poteva essergli rivolta:
<<Non nego di avere un carattere difficile, e una personalità problematica, ma se il tuo obiettivo è dare a me la colpa del tuo tradimento, allora sei fuori strada. 
Puoi criticarmi, ma dopo avermi tradito non hai nessuna autorevolezza morale per insegnare a me cos'è l'amore>>
Lei assunse un'aria di sfida:
<<Adesso so cos'è! Finalmente ho incontrato qualcuno che me l'ha insegnato. E io, al contrario di te, sono in grado di imparare dall'esperienza>>
Riccardo era dispiaciuto per il profondo livore insito nelle parole di quella che ormai era la sua ex:
<<No, tu non impari, al massimo dimentichi... Hai dimenticato quello che c'è stato tra noi. Hai voluto farlo e ci sei riuscita, ma io non potrò mai dimenticare. Forse non te ne sei nemmeno accorta, ma io ti ho amata davvero. O meglio, ho amato l'idea che mi ero fatto di te>>
Intravide una patina di lucidità negli occhi di Ilaria:
<<E adesso mi disprezzi, di' la verità!>>
Lui scosse il capo:
<<No no, questo mai! Più che altro ti compiango. 
E compiango un po' anche il tuo amante. Ancora non sa cosa lo aspetta>>
Lei apparve profondamente scossa, ma cercò di non darlo a vedere:
<<Riserva la tua pietà per te stesso. Ne avrai bisogno>>
Riccardo capì che era meglio lasciarle l'ultima parola e si limitò ad accettare la realtà, e cioè che la loro relazione era finita:
<<Ora è meglio che tu te ne vada>>
Discutere ulteriormente non avrebbe avuto senso.
Lasciare andare qualcuno fa soffrire, ma a volte si soffre di più nel cercare di farlo rimanere nella nostra vita.
Ilaria era diventata un'altra persona. Una persona ostile.
Un nemico. E oltretutto un nemico più malvagio che intelligente.
 Questo la rendeva nel contempo più vulnerabile e più pericolosa, perché la sua volontà di distruggere era superiore a qualsiasi altra considerazione.
Se Ilaria sperava che lui si mettesse a implorarla di restare, in stile "I can't live if living is without you" si era sbagliata di grosso.
Non era più il tempo dei turbamenti adolescenziali, almeno per Riccardo.
Aveva ormai trentasette anni, i quarant'anni incombevano, e quando si entra negli "-anta" le prospettive cambiano in peggio.
A chi gli diceva "la vita comincia a quarant'anni", lui rispondeva: "coraggio, il meglio è passato!"
Ma quei sei mesi in Grecia avevano invecchiato anche Ilaria.
Ci sono due modi di invecchiare: la via grassa e la via magra.
Riccardo temeva, conoscendo la stazza dei Monterovere, che a lui sarebbe toccata la via grassa, o quantomeno quella robusta.
In Ilaria invece si stava già manifestando la via magra.
E' una strada più sana, dicono, ma rende anche più duri e spigolosi.
Chi sceglie la via magra si rinsecchisce e si mummifica, fino a diventare uno scheletro col sorriso terrificante della morte.
Oppure no.
In fondo, si potrebbe anche morire felici, se si morisse davvero.
Ma a quel punto noi saremo già partiti. Navigheremo verso l'Ultima Thule.
Così un giorno aveva detto ad Ilaria, quando ancora il loro amore era vivo e grande... e sembrava eterno. Chi l'avrebbe detto che sarebbe finita così?
Ma in verità Riccardo aveva sempre saputo che, ogni volta che ci si innamora, si deve mettere in conto l'eventualità del fallimento. Non bisogna mai dare nulla per certo: anche gli amori più saldi possono incrinarsi, perché in fondo, niente è indistruttibile.
Sì, niente è indistruttibile.
Ora Ilaria si aggirava per la stanza osservando le proprie fotografie ancora incorniciate:
<<Immagino che ora faranno una brutta fine>>
Riccardo scosse il capo:
<<No, le metterò in qualche cassetto, ma rimarranno comunque parte di me>>
Lei rimase a fissare quelle immagini, forse notando per la prima volta di essere cambiata:
<<Ero troppo giovane. Una collegiale. E guarda che capelli!>>
<<Adoravo quella tua aria da collegiale, così come i tuoi capelli>>
<<Era solo una fase!>>
<<Forse, ma era una bella fase!>>
Ilaria ebbe quasi un cedimento:
<<Non farmi ridere. Tutto questo mi fa male solo quando rido>>
Si avvicinò alla porta, ma sì fermo: non riusciva ad andarsene.
Riccardo le strinse la mano:
<<Credo che sia il momento di dirci addio>>
<<Se vuoi possiamo rimanere amici>>
<<No, io ho bisogno di dimenticare, almeno per un po'>>
Poteva fingere che fosse un altro lutto. Forse così sarebbe stato più facile da accettare.
 There is no grave, no memory, nothing.
Ilaria parve offesa:
<<Se è questo quello che vuoi, Riccardo, allora farò così anch'io. Le tue parole spariranno. La tua casa sparirà. Ogni ricordo di te sparirà>>
Riccardo annuì:
<<Sparirò io, sparirà il mio nome, la mia casa, tutto quello che vuoi, ma non le mie parole. Io ritengo di essere, nella mia non modesta opinione, "un sacerdote della parola">>
Lei non diede peso a quell'affermazione, che invece conteneva l'unica verità che Riccardo Monterovere avesse mai appreso su se stesso e sul suo destino.
Tutto di me passerà, ma le mie parole non passeranno.
Resteranno a fluttuare nel grande mare, fino a quando una rete a strascico, o anche solo il retino di un fanciullo, le riporteranno a galla.
Si dissero addio, e Riccardo pensava già al giorno in cui avrebbe raccontato quel momento, e allora ne ebbe la certezza: "tutto di me passerà, ma le mie parole non passeranno".